È da undici anni che Facebook scorrazza per la rete,
attirando ogni giorno con la sua offerta di mettere in contatto con amici,
conoscenti e, sopratutto, sconosciuti centinaia di migliaia di persone, arrivando così ad essere
il secondo sito più utilizzato al mondo dopo il colosso Google (senza il quale
molti di noi non saprebbero dove andare a sbattere la testa quando si presenta
la necessità di compiere una ricerca, me compreso) e, di conseguenza, ad essere
uno dei nomi più importanti presenti in borsa. Eppure, nonostante esso faccia
prepotentemente parte della vita quotidiana di molti di noi (non so voi, ma per
me è come l'eroina: lo detesto, ma allo stesso tempo ne ho bisogno), in pochi
conoscono le origini di tale leviatano costituito da righe su righe di PHP; e
proprio qui arriva The Social Network, il cui scopo è quello di svelarci a
grandi linee la nascita di quello che, più che un social network, è diventato
un vero e proprio fenomeno.
Non avevo un motivo particolare per inserire questa pic: è talmente non-sense che meritava di essere pubblicata |
È il 2004, e l'allora laureando Mark Zuckerberg manda in
crash la rete di Harvard creando il sito “FaceMash”, facendosi notare dai
gemelli Cameron e Tyler Winklevoss e Diviya Narendra, alla ricerca di un
programmatore che renda il loro progetto, un sito esclusivo per gli studenti della
prestigiosa università, realtà. Ma Zuckerberg avrà un'idea migliore e più
grande, la cui effettiva diversità dalla fonte di ispirazione verrà messa in
discussione dai tre committenti, al punto tale da portare il creatore di
Facebook ad un lungo processo per furto di proprietà intellettuale.
Narrando questi avvenimenti tramite flashback, David Fincher
aggiunge ad una vicenda realmente accaduta un pizzico di finzione per offrirci
uno spaccato dell'alta società (o, almeno, di quella che siamo abituati a vedere
attraverso uno schermo), dove l'arrivismo sociale in cui ciò che conta è il far
parte dei gruppi più esclusivi e il darwinismo economico si influenzano così
tanto da arrivare ad essere indistinguibili e a rendere i rapporti sociali più
simili ad una giungla che ad un aggregazione di individui, dove la spunta
soltanto colui che sa costruire le migliori trappole e conosce i migliori
terreni di caccia. L'immagine di Zuckerberg, forse uno degli uomini più potenti
al mondo, non viene glorificata, anzi: il più giovane miliardario dell'età
contemporanea viene ritratto dall'ottima interpretazione di Eisenberg (non
QUELL'Heinsberg) come un individuo che fatica a rapportarsi con le persone che
lo circondano (ah, neeerd!!!) , arrivando così a farlo reagire in un modo in
cui, probabilmente, lui stesso non vorrebbe comportarsi.
Splendida l'ultima scena che, a parer mio, riesce ampiamente nel tentativo di provare a criticare la nostra dipendenza da internet e, in particolare, da Facebook.